I rischi occupazionali dei lavoratori stranieri: un tema prioritario

Pubblicato il 12/03/2018 LAVORO

a cura di: Massimiliano Giraudo e Antonella Bena

Nell'attuale contesto europeo, oltre 34 milioni di persone che vivono nell'UE-28 sono nate all'esterno dell'Unione europea. Questo quadro riguarda anche l’Italia: secondo Amnesty International nel 2014, 2015, 2016 e nei primi sei mesi del 2017 sono partite dal Nord-Africa per l’Italia rispettivamente 173.265, 156.718, 186.017 e 75.452 persone. La recente proiezione demografica 2016-2065 dell’ISTAT stima a circa trecentomila per anno il numero più probabile di immigrati. Gli stranieri presenti legalmente nel nostro Paese hanno superato i 5 milioni nel 2015 (8,3% della popolazione). Il numero è aumentato continuamente, nonostante la crisi economica: dal 2011 al 2015 gli stranieri residenti in Italia sono passati da 4 a 5 milioni. Le dinamiche di popolazione che ne conseguono e i relativi problemi per salute e servizio sanitario costituiscono un’ineludibile ed elevata priorità di documentazione e analisi per l’epidemiologia.

Circa 2,4 milioni di stranieri sono occupati in Italia, prevalentemente come lavoratori dipendenti (86%) presso aziende del Nord Italia (59%). Sono occupati principalmente in lavori precari, faticosi e rischiosi, manuali, di bassa tecnologia e non qualificati, che gli italiani tendenzialmente non svolgono più. L’impatto complessivo dell’immigrazione sulla salute dei lavoratori immigrati è poco conosciuto, sia a livello nazionale che internazionale. Gli studi disponibili sono molto eterogenei sia nel disegno sia nelle popolazioni considerate, ma per la maggior parte evidenziano che, rispetto ai nativi, i migranti presentano un maggior rischio di infortuni e malattie professionali. Gli studi condotti in Italia evidenziano un rischio infortunistico elevato, ma si tratta di lavori condotti su sottogruppi di popolazione o di analisi grezze che non hanno considerato il possibile effetto di caratteristiche personali (età, genere, nazionalità) o lavorative (attività economica, qualifica professionale, tipologia e durata del contratto, dimensione aziendale) che, essendo distribuite molto diversamente tra stranieri e italiani, possono fortemente distorcere il confronto.

Lo studio ha lo scopo di descrivere i differenziali di rischio infortunistico tra lavoratori stranieri e italiani, tenendo conto delle caratteristiche individuali e dell’impresa nella quale gli individui sono impiegati. E’ stata rivolta particolare attenzione agli effetti legati alla durata del rapporto di lavoro.

Oltre a questo, è stata svolta un’analisi più approfondita sui marocchini, la comunità più numerosa Italia negli anni delle analisi.

Per far questo è stato utilizzato il database Whip-Salute, che contiene circa 1.200.000 episodi lavorativi e 38.000 infortuni per ogni anno. Le analisi sono state ristrette ai lavoratori dipendenti, maschi e operai nel periodo 2000-2005.

I risultati mostrano che il rischio infortunistico dei migranti non è sempre più alto rispetto agli italiani, ma dipende dal settore economico considerato, oltre che dalle nazionalità degli individui e alla loro esperienza lavorativa. Più nel dettaglio, le analisi hanno dimostrato che i tassi di infortunio sul lavoro sono più alti tra i lavoratori stranieri rispetto agli italiani nei settori della metalmeccanica e delle costruzioni, dopo due anni di esperienza sul luogo di lavoro.

I lavoratori marocchini presentano tassi infortunistici più elevati, sia rispetto ai lavoratori italiani che ai lavoratori migranti nel complesso, indipendentemente dal settore economico considerato.

I risultati dello studio permettono di trarre alcune riflessioni.

La prima è che negli studi epidemiologici sul tema della salute degli immigrati è necessario stratificare le analisi per nazionalità. Considerare la popolazione immigrata un gruppo omogeneo è un errore da evitare.

Inoltre, bisogna sempre analizzare i rischi dei lavoratori stranieri considerando separatamente il settore economico. Questo è necessario, perché, a seconda dell’attività economica che consideriamo, cambiano i differenziali di rischio infortunistico.

Il ruolo dell’esperienza sul luogo di lavoro è un fattore molto importante di cui tenere conto. In questa epoca, in cui il lavoro precario è così presente, questo elemento diventa importantissimo per determinare qual è il rischio di incorrere in un evento infortunistico.

La maggior parte dei paesi non dispone di sistemi nazionali adeguati per monitorare i principali problemi di salute sul lavoro tra i migranti e la maggior parte delle statistiche ufficiali e non ufficiali non disaggregano i flussi migratori per età, sesso, etnia o classe sociale. WHIP-Salute ha consentito di analizzare dati di alta qualità e ottenere informazioni altamente dettagliate sulle caratteristiche dell'occupazione. Inoltre, le principali caratteristiche di WHIP-Salute - la sua rappresentatività nazionale e la natura longitudinale - permettono di valutare la salute dei lavoratori migranti in anni di trasformazione del mercato del lavoro.

Questo studio esamina la sicurezza dei lavoratori migranti in anni di crescita economica, dove il tasso di occupazione è aumentato e il tasso di disoccupazione è diminuito. Ciò ha consentito di valutare le condizioni dei lavoratori migranti in un contesto economico favorevole. La crisi economica che ha avuto inizio nel 2008 ha condizionato maggiormente le condizioni di lavoro dei migranti.




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